domenica 21 agosto 2016

Giuseppe Pontiggia, La grande sera

Questo romanzo di Pontiggia descrive mirabilmente un mondo così algido e cerebrale da risultare insopportabile.
Tutti fingono di attendere chi é scomparso ma rimangono chiusi nei loro egoismi e nelle loro menzogne.
Io non credo, però, che nelle relazioni umane sia sempre sera e che non ci sia mai nulla di vero, di semplice, di pulito.

La copertina dell'edizione che ho letto, quella della collana Novecento Italiano della San Paolo, insiste sulla scomparsa dell'uomo, della sua assenza che é segno di una sua non esistenza. Forse, però,  migliore é la copertina dell'edizione Mondadori, che mostra lunghe ombre di sconosciuti persi in mezzo ad una piazza: il romanzo é la riflessione su un'assenza più che su un assente.

venerdì 12 agosto 2016

Giovanni Arpino, Una nuvola d'ira

Anni Sessanta. Sperata é sposata con Matteo ma ha anche una relazione con Angelo: ma i tre sono diversi, convinti di poter sfuggire alle leggi del mondo borghese in nome dell'ideologia comunista per la quale hanno combattuto.
Struggente il personaggio di Matteo, uomo semplice, amante della caccia e della pesca, che si lascia corrodere dalla gelosia ma non sa nominare il sentimento (così borghese e così umano) che prova in fondo al cuore.
Bellissimo il finale.

martedì 2 agosto 2016

Fulvio Tomizza, Il bosco di acacie


Il bosco di acacie tra morte e vita
L'amore per la terra e l'amore per la propria Terra tengono insieme la vita delle famiglie istriane costrette ad abbandonare Materada e, in questi tre racconti (strettamente collegati uno all'altro), alle prese con un'altra terra da coltivare. Da una parte la certezza che non si potrá mai recuperare il proprio mondo e che qualcosa é per sempre perduto (la morte del vecchio, la terra istriana vista dal mare); dall'altra la vita che rinasce e continua (i frutti della nuova terra, il vitello- femmina- che nasce a fatica nella stalla). In mezzo il bosco di acacie, che il protagonista attraversa, quasi fosse un percorso iniziatico: é il simbolo evidente del suo essere di mezzo, non più giovane, ma neanche vecchio, non più vivo davvero, ma nemmeno morto.

domenica 10 luglio 2016

UNO SCRITTORE AL MESE: Giuseppe Pontiggia

http://www.cancelloedarnonenews.com/wp-content/uploads/2012/10/pontiggia1.jpg

GIUSEPPE PONTIGGIA (Como 1934-Milano 2003) è stato uno scrittore lombardo di grande eleganza e acutezza. Una scrittura per ‘arte di levare’. Levare il superfluo per lasciare solo la parola nella sua estrema chiarezza e lucidità. Ma il racconto  così apparentemente lineare della realtà non semplifica il mondo, ma lo mostra nella sua ambiguità e ipocrisia.

Non si può non apprezzare la sua acutezza, anche se in alcuni testi mi è parso troppo cerebrale e freddo. Non così nel romanzo Nati due volte, molto emozionante (anche se l’autore mantiene sempre il controllo razionale, pur nella sofferenza così autobiografica).

Da notare anche la propensione dell’autore all’autocorrezione, alla riscrittura dei propri testi, all’interminabile opera di revisione: segno di ansia di perfezione, ma anche di grande umiltà.

HO LETTO

http://t3.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcTvaq0pwfj0ukMcvuo4JpUnhvhU4LpAEzct0bk8cEXpXpw56a0e

http://www.fantabancarella.com/scacchi_letteratura/il_giocatore_invisibile_euroclub.jpg

http://t1.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcTRk6o-hDVmtwKVBousfLNVyTGOGxsvzCiy09STREAFn-Imu_n5

https://librinellamente.files.wordpress.com/2014/07/5-natiduea.jpg

La morte in banca e altri racconti (1952)

Opera prima di Pontiggia, non ancora ventenne. L’ingresso nel mondo del lavoro diventa una discesa agli inferi, una morte. Un anticipo della letteratura del boom economico.

Straordinari nella loro fulmineità i racconti.

Il giocatore invisibile

(1978)

C’è un anonimo che denuncia una disattenzione etimologica del Professore: la sua etimologia del termine ipocrita è scorretta. Chi ha scritto questo pungente articolo? Perché odia così tanto il professore?

Il raggio d’ombra (1983)

Chi è davvero Losi? Il comunista che sfugge ai regime o una spia fascista? E per quale motivo agisce così? E quali conseguenze può avere la paura di Mariano su tutta la vicenda? Tante domande, nessuna risposta

Nati due volte (2000)

Un romanzo coraggioso anche perché autobiografico. Certo Paolo, il ragazzino disabile protagonista del romanzo, non corrisponde del tutto al profilo del figlio di Pontiggia, né il protagonista è solo una proiezione dell’autore. Ma trasfigurare è il modo migliore per capire!

 

mercoledì 6 luglio 2016

Giovanni Arpino, La suora giovane

IL LIBRO IN BREVE

La suora giovane è un romanzo breve ma prezioso, scritto da Giovanni Arpino nel 1959. Mathis, un quarantenne torinese che non si aspetta più nulla dal grigiore della sua vita, si innamora di una giovane novizia, non ancora ventenne. La sua figura pura porta un desiderio di vita e di cose belle nella mente annoiata dell’impiegato, che rinuncia ad una vacua fidanzata pur di inseguire il sogno di questo nuovo amore: nuovo, perché Serena è giovane, ma anche perché il sentimento di Mathis è qualcosa di nuovo.

Reggerà questo amore alla prova della realtà, quando Serena si dimostrerà più scaltra ed avveduta di quanto Arpino ci  abbia lasciato immaginare?

DA LEGGERE IN FRETTA

Un centinaio di pagine da leggere in fretta, anche perché chi legge non vede l’ora di sapere come finisce; e alla fine non lo sa (il romanzo si chiude magistralmente in stazione, di fronte ad una tabella oraria: Mondovì o Ferrara?)

LE COPERTINE

http://image.anobii.com/anobi/image_book.php?item_id=01b2e11a0ae0eec605&time=&type=4

https://images-na.ssl-images-amazon.com/images/I/51zXQUVo8-L._SX333_BO1,204,203,200_.jpg

http://i.ebayimg.com/00/s/ODAwWDYwMA==/z/JkoAAOSwI~VTyYMo/$_35.JPG

Einaudi, 1959

Einaudi, 1962

Mondadori (Il bosco), 1966

http://www.lankelot.eu/sites/default/files/arpino.jpg?1321257589

http://antosoft.net/parseimg/2639470/1f286f62ebc1d81295dfa893d72752b1.jpg

https://images-na.ssl-images-amazon.com/images/I/31oeC9CjglL._BO1,204,203,200_.jpg

Mondadori (Oscar), 1976

Garzanti, 1988

Dalai editore (I tascabili), 2011

Le copertine individuano tre elementi del romanzo:

·         l’anonima città di Torino in cui tutti si muovono con velocità (anche i nostri personaggi),

·         Serena, la suora giovane, che non si mostra e fugge via: nessuno riesce a prenderla, nemmeno Mathis

·         Mathis in collina guarda fuori dalla finestra: ipotizzando il suo futuro, sta scoprendo la sua identità.

Mi piace molto la copertina della Garzanti, ma la più coerente con il fascino del romanzo è senz’altro quella dell’editore Dalai.

 

lunedì 27 giugno 2016

Eraldo Affinati, L'uomo del futuro

Eraldo Affinati, L’uomo del futuro
Eraldo Affinati
L’uomo del futuro. Sulle strade di don Lorenzo Milani
Mondadori (Scrittori italiani e stranieri)
Milano 2016
Pagg. 177
Il nuovo libro di Eraldo Affinati ricostruisce la vicenda e la passione educativa di don Lorenzo Milani (1923-1967), il priore della Scuola di Barbiana, l’uomo del futuro che ha rinunciato alla sua condizione di giovane intellettuale borghese per stare dalla parte dei più poveri.
VIAGGIARE CON AFFINATI
Leggere i libri di Affinati è come partire  per un viaggio nello spazio e  nel tempo, Ce lo dice anche il sottotitolo dell’opera: sulle strade di don Milani. Lo scrittore, infatti, percorre fisicamente le strade del prete di Barbiana e in questi luoghi cerca di ricostruire la sua biografia.
Incontra uomini e donne che hanno conosciuto don Lorenzo: vorrebbe conoscere i suoi segreti, ma più parla del sacerdote, più si accorge che egli gli sfugge.
Lo scrittore prende coscienza, allora, che possiamo ricostruire la vita di un grande uomo solo se lo lasciamo parlare attraverso la nostra esperienza.
Ecco allora che protagonista della vicenda diventa Affinati con i suoi alunni e amici della Città dei Ragazzi, con le sue domande sulla questione educativa, con le sue indagini di senso.
Lo spazio e il tempo si dilatano, le esperienze si accumulano, i testimoni permettono di capire:
Ø  Gambia (2012), una scuola dispersa ai margini della foresta, un maestro che è un ingranaggio essenziale nella vita della comunità, brevi cenni al viaggio in Gambia – già  raccontato in Vita di Vita -
Ø  Berlino (2013), Manfred, gioventù spezzata, spirito inquieto, in una scuola della periferia berlinese, incontro l’Affinati di Berlin
Ø  Marocco (2007), l’incontro straordinario con un imam cieco, primo maestro di Omar e Faris, ora emigrati in Italia ed allievi di Affinati, raccontato in La città dei ragazzi
Ø  New York (2010), Ellis Island, il museo dell’immigrazione e i ciociari che non ce l’hanno fatta.
Ø  Pechino (2010), un doposcuola a Pechino
Ø  Benares (2003), la casa di Madre Teresa in una grande città indiana, come le strade della fuga di Secoli di gioventù
Ø  Città del Messico (2010), Ramiro, prete impegnato nel recupero dei ninos de rua della Città degli Angeli,
Ø  Volgograd (2002), la vicenda di Ivan, giovane russo antimilitarista  in Cecenia
Ø  Hiroshima (2005), Okamoto, uno degli ultimi sopravvissuti dell’esplosione atomica del 1945, già protagonista in Storie di viaggi, bombe e scrittori
Ø  e da ultimo Roma (2014), Affinati gira per la parrocchie di Roma alla ricerca di un luogo per la scuola per stranieri Penny Wirton nella quale insegna.
Così, quando arrivo di fronte a don Francesco, l’ultimo dei miei preti, dalle parti di via dei Serpenti, prima ancora di esprimermi, gli chiedo quali siano stati i suoi punti di riferimento. Lui risponde secco: “Paolo VI”
“E poi?”
“Te ne dovrei citare due.”
“Coraggio.”
“Don Primo Mazzolari e don Milani.”
A quel punto, anche se l’ambiente di cui dispine mi sembra inadeguato e non potremo usufruirne, lo abbraccio riconoscente. Amo credere che il priore, nascosto dietro di noi, lasci scorrere i titoli di coda.
PERCHÈ QUESTO LIBRO VA LETTO
·        Don Milani è una figura eccezionale sia per la radicalità delle sua scelta sia per le novità anticipatrici di istanze che emergeranno con forza in Italia qualche anno dopo la sua morte.
·        Affinati condivide con don Lorenzo l’amore per l’educazione, nella predilezione per gli ultimi, i diseredati: questo permea tutte le pagine del testo.
·        Il libro può essere letto in riferimento agli altri testi di Affinati (ed allora si sente ancora di più il legame fra l’esperienza dell’autore e le vicende che racconta), ma anche da solo (ed allora emerge nella folla di nomi e luoghi la straordinaria figura del priore di Barbiana).
Affinati ha una scrittura affascinante, ricca di riferimenti letterari, ma attenta sempre all’interpretazione dell’oggi: mai diventa sfoggio di erudizione, sempre ha una forza di trasformazione personale e sociale.



mercoledì 22 giugno 2016

Andrea Tarabbia, Il demone a Beslan

Andrea Tarabbia
Il demone a Beslan
Mondadori (Scrittori italiani e stranieri)
Milano 2011
Pagg. 350
Tra il primo e il tre settembre 2004 si consumò una terribile strage nella scuola di Beslan numero 1 in Ossezia del Nord, stato caucausico confinante con la Cecenia. Un commando ceceno, con rivendicazioni nazionalistiche, tenne in ostaggio più di 1000 fra alunni e genitori. Le teste di cuoio russe, con una formidabile prova di forza, entrarono nella scuola: i morti furono 334.
Andrea Tarabbia, Il demone a Beslan
SULLA COPERTINA
Nessuno può essere restituito. Nessuno può essere dimenticato. Nessuno può essere accusato. Come continuare a vivere?
In queste domande senza risposta di Anna Politkovskaja, si concentrano le questioni che il libro di Andrea Tarabbia affronta con intensità: il male compiuto non si può cancellare, di chi è la colpa? Di chi è cresciuto solo facendo la guerra? Di chi non conosce altro che la violenza? Si può essere innocenti a Groznyj? Si può essere colpevoli a Beslan?
CHE COSA NE PENSO
Lettura molto impegnativa dal punto di vista emotivo. Sembra non ci sia limite al Male fatto e subito. Ti sembra di essere trascinata nell’abisso della Morte e del Male assoluto.
La storia è raccontata da tre diversi protagonisti della vicenda orribile della scuola di Beslan:
      Marat, l’unico terrorista sopravvissuto,
      Petja, un bambino morto nella strage,
      Ivan, un clochard che osserva tutto da fuori.
Petja e Ivan, però, esistono (forse) solo negli incubi di Marat, personificazioni dei suoi sensi di colpa. Da ragazzino ceceno a Groznj vive nella disperazione della persecuzione da parte dell’Impero, vittima di abusi, di violenze: come lui Shamil, Ruslan, le vedove cecene, la Cieca. Inevitabile è provare empatia.
Ma queste vittime diventano torturatori, assassini di donne e bambini: in una parola, demoni. E la nostra empatia diventa radicale rifiuto.
La vicenda non finisce a Beslan: dal carcere di massima sicurezza in cui è rinchiuso, Marat scrive la sua storia su fogli A4 che gli vengono passati sotto la porta e ci racconta la sua infanzia, la sua strage di Beslan, la sua prigionia in cui si combinano volontà autodistruttiva e ricerca di una redenzione che forse può giungere solo attraverso la scrittura-confessione.
PERCHÈ QUESTO LIBRO VA LETTO
Andrea Tarabbia costruisce un personaggio verisimile, con una notevole introspezione psicologica.
L’impianto narrativo è interessante: le vicende dei protagonisti si intersecano, i punti di vista si incrociano. Magistrali soprattutto le ultime pagine in cui anche nella sintassi dei periodi la fine della vicenda è narrata contemporaneamente da Marat, da Petja e da Ivan.
Il tema del terrorismo è di estrema attualità.
Il problema del bene e del male diventa anche il problema del Bene e del Male, nelle parole di padre Alan ma, soprattutto, nel rapporto fra Marat e il padre Aleksej, costruito in un intenso dialogo a tu per tu, ma soprattutto grazie alla scrittura.
Forse la letteratura non è in grado di dare le risposte: certamente, però, sa individuare le domande, sa farle emergere. Ed è già questo, oggi, un compito essenziale.

giovedì 16 giugno 2016

Pino Roveredo, Capriole in salita

PARTIAMO DAL TITOLO

Il significato del titolo di questo bellissimo libro autobiografico di Pino Roveredo è già chiaro dalla prima pagina: ci sono strade in discesa, ma la strada della vita di Roveredo è stata in salita. Ma che sia in discesa o in salita, ogni vita richiede le sue capriole: dare una svolta, cambiare direzione o anche solo semplicemente migliorarsi. Roveredo ha passato l’incubo dell’alcolismo, del carcere, del manicomio: la sua capriola è stata necessariamente in salita.

Quanta gente ho incontrato nei miei oplà in salita, persone che nella felicità del discendere mi sussurravano, gridavano, imploravano: “Non si fa così, non si può sfidare la corrente naturale della vita, guardaci e convinciti che noi siamo l’esempio, non vincerai mai nell’assurdo delle tue capriole in salita!”. 

Ma il riscatto è possibile.

Piantando le braccia nel terreno, con la speranza del tentativo ho lanciato il mio corpo nella capriola che si libera nell’aria con la felicità della giravolta che finisce sempre con il contatto soffice del suolo: per la prima volta mi sono rialzato senza dolore, con la voglia infinita di altre mille capriole. […]

Oggi se qualcuno mi dice che la vita si vive una volta sola, io posso raccontargli che no, che la vita, se ti aiutano a credere, la puoi far girare anche due volte, sì, anche due volte

FAR GIRARE LA VITA ANCHE DUE VOLTE

Oggi Pino Roveredo è una persona nuova: operatore di strada, scrittore e giornalista, fa parte di varie organizzazioni che operano in favore delle categorie disagiate. Perché il Pino trentaseienne distrutto dall’alcoolismo e prigioniero del suo passato, guardando negli occhi il suo terzogenito, ha deciso di cambiare, di fare quella capriola.  Ed ora il Pino sessantenne dedica ogni sua energia a ridare agli ultimi (i tossicodipendenti, i malati psichiatrici, i carcerati) la speranza che cambiare si deve, perché si può.

LE RECENSIONI CHE MI HANNO AIUTATO A CAPIRE QUESTO LIBRO

http://www.sololibri.net/Capriole-in-salita-Pino-Roveredo.html

http://www.lankelot.eu/letteratura/roveredo-pino-capriole-salita.html

Dal libro è stato trattato uno spettacolo teatrale:

http://www.cssudine.it/media/spettacoli/323_3024_documenti.pdf

LE COPERTINE

Capriole in salita, 1996

Capriole in salita, 2006

Una copertina illustrata in cui alto e basso, chiaro e scuro si confondono. Il pagliaccio sta facendo un’acrobazia in salita o sta ondeggiando verso il basso? Prevale il giallo/senape (la vita?) o il blu scuro (la disperazione?)? La vita è la ricerca di un equilibrio, difficilissimo da raggiungere. E non puoi risalire se prima non sei sceso in basso.

Anche nella copertina di Bompiani, c’è un evidente contrasto fra lo sfondo nero e la ballerina ritratta al centro della scena, mentre piega un ginocchio in un gesto di grande eleganza. Un omaggio a Luciana, la moglie di Pino, a cui il libro è dedicato (A Luciana e ai miei figli per aver dato fiato al mio salto)? Un richiamo alla bella copertina di Ballando con Cecilia? Un richiamo classico ad una musa danzante, che celebra  la forza rigeneratrice della poesia? 

 

 

 

mercoledì 15 giugno 2016

UNO SCRITTORE AL MESE: Pino Roveredo

PINO ROVEREDO

Lo scrittore delle rose

Il maggio scorso sul mio balcone sono nate le rose: fiori sulle spine, fiori dalle spine. Pino Roveredo è così: un uomo rinato che non ha voluto scordare il suo passato, ma ha avuto il coraggio di raccontarlo: il riscatto è possibile! Ne sono convinta anche io.

Nella sua scrittura, non si può non apprezzare la scontrosa grazia di uno scrittore triestino: i contrasti si accendono, le personificazioni dei sentimenti esternano quello che di solito sta dentro, le metafore spezzano l’armonia per frammentare il discorso narrativo, così come è la vita ad essere frammentata.

Chi è Pino Roveredo

Nato a Trieste nel 1954, figlio di un calzolaio sordomuto, Pino Roveredo ha vissuto infanzia e giovinezza al margine: alcoolista, è finito in carcere e in manicomio. Oggi è una persona nuova: operatore di strada, scrittore e giornalista, fa parte di varie organizzazioni che operano in favore delle categorie disagiate. Perché il Pino trentaseienne distrutto dall’alcoolismo e prigioniero del suo passato, guardando negli occhi il suo terzogenito, ha deciso di cambiare, di fare quella capriola di cui Pino stesso parla nel suo Capriole in salita.  Ed ora il Pino sessantenne dedica ogni sua energia a ridare agli ultimi (i tossicodipendenti, i malati psichiatrici, i carcerati) la speranza che cambiare si deve, perché si può.

Ti consiglio di leggere

 

 

 

 

 

Il primo libro di Pino Roveredo è un’autobiografia di una vita difficile, perduta e poi ritrovata, con una faticose, quasi impossibili Capriole in salita (1996)

 

Con Ballando con Cecilia (2000), Roveredo entra nell’Ospedale Psichiatrico di Trieste. L’io narrante è un giovane volontario, che entra nel ricovero per i malati pieno di ideali e di speranze. La sua vicenda è l’occasione per raccontare la vicenda dei ricoverati. E sempre più prende forma il personaggio di Cecilia, novantenne ricoverata da sessant’anni, a cui il giovane volontario racconta, nella danza, tutto quanto è cambiato dagli anni Quaranta ad oggi. Il ballo finale è un’occasione per far rinascere, anche solo per un attimo, giovani donne e uomini rinchiusi nei ricoverati.

 

Il libro più famoso di Roveredo è una raccolta di racconti, Mandami a dire (2004), con il quale l’autore ha vinto il Premio Campiello. Come dice la mia amica Stefania, un libro struggente. Da leggere e rileggere il racconto 100! 120! 140!: non si può non piangere. Ho amato moltissimo anche L’uomo dei coperchi: l’amore operaio per il proprio lavoro, la dedizione e la ricerca del senso della vita nei piccoli gesti quotidiani.

 

Attenti alle rose (2009)! È un monito per gli uomini: le donne sono rose, vanno curate altrimenti rischiano di appassire. Sergio, abbandonato dalla moglie, scopre intorno a sé donne straordinarie di cui mai si era accorto. Riflettendo sulla loro forza, la loro bellezza, la loro fragilità, pian piano matura nella propria consapevolezza ed ora è davvero pronto per amare 

 

 

 

 

Bellissimo il ritratto del padre in Mio padre votava Berlinguer (2012): pieno di rimpianti per quanto non detto, di stima per un uomo che è stato coerente con le sue idee, di amore di un figlio (non modello) per un padre (amato e odiato in vita, ripensato con nostalgia ora che è morto).

Leggerò

·                     Una risata piena di finestre, LINT, Trieste, 1997

·                     La città dei cancelli, LINT, Trieste, 1998

·                     La bela vita, LINT, Trieste, 1998

·                     Cara Trieste, Il Piccolo, Trieste, 2004

·                     Mandami a dire, Bompiani, Trieste, 2005

·                     Andar per fodere/Un giro tra le pieghe di Trieste, Trieste, 2006

·                     Caracreatura, Bompiani, Milano, 2007

·                     La melodia del corvo, Bompiani, Milano, 2010

·                     Mastica e sputa, Bompiani, Milano, 2016

 

lunedì 13 giugno 2016

Zerocalcare, Dimentica il mio nome

http://www.lokee.it/wp-content/uploads/2014/12/dimentica3.jpg
PRIMA DI LEGGERE
Non conosco il mondo dei fumetti e confesso di aver sempre guardato ai baloons con una certa superficialità. La lettura di Maus di Art Spiegelman, a gennaio, poi di Kobane calling di Zerocalcare mi ha fatto cambiare idea. Mi sono messa a leggere in modo più libero Dimentica il mio nome: mi è piaciuto moltissimo
IL FUMETTO
Una situazione normale: la cara nonna muore, c’è un lutto da elaborare per il giovane fumettista Zerocalcare. La ricerca di un anello che la nonna  vuole portare con sé nella tomba segna l’inizio dell’avventurosa scoperta del passato della famiglia.
http://www.nicoladagostino.net/wp-content/uploads/dimn-p10-paura.jpg
Ma, sotto il gioco del thriller, si nasconde qualcosa d’altro: un giovane che diventa un uomo deve affrontare e superare paure infantili, mostri terribili. Le sue certezze di un tempo perdono la loro solidità: la madre rivela nuove sfaccettature (insieme ad un’altra identità), l’orsacchiotto Pisolone diventa una grizzly che vorrebbe impedire al ragazzo di diventare uomo.
La profezia della nonna, però, si compie: non morirà fino a quando il nipote non diventerà un uomo. È la lotta con Pisolone-grizzly, a cui Zerocalcare non si sottrare, il rito iniziatico atteso dalle prime tavole del fumetto.
http://bookblog.salonelibro.it/wp-content/uploads/2015/03/Dimentica_pag.98-copia-2.jpg
LE COPERTINE
dimentica il mio nome_zerocalcare_cover
covergipi
Straordinaria copertina: la nonna ancora bambina fugge insieme a nipote Zerocalcare dai mostri dell’infanzia che incombono sulla strana coppia.
Copertina più didascalica: i personaggi della vicenda ci guardano proiettati su un cielo azzurro. Gli sguardi sono inquietanti, ma troppo sottintesa resta la paura, nonché il tema del passaggio dall’infanzia all’età adulta, fondamentale nel fumetto.