lunedì 27 giugno 2016

Eraldo Affinati, L'uomo del futuro

Eraldo Affinati, L’uomo del futuro
Eraldo Affinati
L’uomo del futuro. Sulle strade di don Lorenzo Milani
Mondadori (Scrittori italiani e stranieri)
Milano 2016
Pagg. 177
Il nuovo libro di Eraldo Affinati ricostruisce la vicenda e la passione educativa di don Lorenzo Milani (1923-1967), il priore della Scuola di Barbiana, l’uomo del futuro che ha rinunciato alla sua condizione di giovane intellettuale borghese per stare dalla parte dei più poveri.
VIAGGIARE CON AFFINATI
Leggere i libri di Affinati è come partire  per un viaggio nello spazio e  nel tempo, Ce lo dice anche il sottotitolo dell’opera: sulle strade di don Milani. Lo scrittore, infatti, percorre fisicamente le strade del prete di Barbiana e in questi luoghi cerca di ricostruire la sua biografia.
Incontra uomini e donne che hanno conosciuto don Lorenzo: vorrebbe conoscere i suoi segreti, ma più parla del sacerdote, più si accorge che egli gli sfugge.
Lo scrittore prende coscienza, allora, che possiamo ricostruire la vita di un grande uomo solo se lo lasciamo parlare attraverso la nostra esperienza.
Ecco allora che protagonista della vicenda diventa Affinati con i suoi alunni e amici della Città dei Ragazzi, con le sue domande sulla questione educativa, con le sue indagini di senso.
Lo spazio e il tempo si dilatano, le esperienze si accumulano, i testimoni permettono di capire:
Ø  Gambia (2012), una scuola dispersa ai margini della foresta, un maestro che è un ingranaggio essenziale nella vita della comunità, brevi cenni al viaggio in Gambia – già  raccontato in Vita di Vita -
Ø  Berlino (2013), Manfred, gioventù spezzata, spirito inquieto, in una scuola della periferia berlinese, incontro l’Affinati di Berlin
Ø  Marocco (2007), l’incontro straordinario con un imam cieco, primo maestro di Omar e Faris, ora emigrati in Italia ed allievi di Affinati, raccontato in La città dei ragazzi
Ø  New York (2010), Ellis Island, il museo dell’immigrazione e i ciociari che non ce l’hanno fatta.
Ø  Pechino (2010), un doposcuola a Pechino
Ø  Benares (2003), la casa di Madre Teresa in una grande città indiana, come le strade della fuga di Secoli di gioventù
Ø  Città del Messico (2010), Ramiro, prete impegnato nel recupero dei ninos de rua della Città degli Angeli,
Ø  Volgograd (2002), la vicenda di Ivan, giovane russo antimilitarista  in Cecenia
Ø  Hiroshima (2005), Okamoto, uno degli ultimi sopravvissuti dell’esplosione atomica del 1945, già protagonista in Storie di viaggi, bombe e scrittori
Ø  e da ultimo Roma (2014), Affinati gira per la parrocchie di Roma alla ricerca di un luogo per la scuola per stranieri Penny Wirton nella quale insegna.
Così, quando arrivo di fronte a don Francesco, l’ultimo dei miei preti, dalle parti di via dei Serpenti, prima ancora di esprimermi, gli chiedo quali siano stati i suoi punti di riferimento. Lui risponde secco: “Paolo VI”
“E poi?”
“Te ne dovrei citare due.”
“Coraggio.”
“Don Primo Mazzolari e don Milani.”
A quel punto, anche se l’ambiente di cui dispine mi sembra inadeguato e non potremo usufruirne, lo abbraccio riconoscente. Amo credere che il priore, nascosto dietro di noi, lasci scorrere i titoli di coda.
PERCHÈ QUESTO LIBRO VA LETTO
·        Don Milani è una figura eccezionale sia per la radicalità delle sua scelta sia per le novità anticipatrici di istanze che emergeranno con forza in Italia qualche anno dopo la sua morte.
·        Affinati condivide con don Lorenzo l’amore per l’educazione, nella predilezione per gli ultimi, i diseredati: questo permea tutte le pagine del testo.
·        Il libro può essere letto in riferimento agli altri testi di Affinati (ed allora si sente ancora di più il legame fra l’esperienza dell’autore e le vicende che racconta), ma anche da solo (ed allora emerge nella folla di nomi e luoghi la straordinaria figura del priore di Barbiana).
Affinati ha una scrittura affascinante, ricca di riferimenti letterari, ma attenta sempre all’interpretazione dell’oggi: mai diventa sfoggio di erudizione, sempre ha una forza di trasformazione personale e sociale.



mercoledì 22 giugno 2016

Andrea Tarabbia, Il demone a Beslan

Andrea Tarabbia
Il demone a Beslan
Mondadori (Scrittori italiani e stranieri)
Milano 2011
Pagg. 350
Tra il primo e il tre settembre 2004 si consumò una terribile strage nella scuola di Beslan numero 1 in Ossezia del Nord, stato caucausico confinante con la Cecenia. Un commando ceceno, con rivendicazioni nazionalistiche, tenne in ostaggio più di 1000 fra alunni e genitori. Le teste di cuoio russe, con una formidabile prova di forza, entrarono nella scuola: i morti furono 334.
Andrea Tarabbia, Il demone a Beslan
SULLA COPERTINA
Nessuno può essere restituito. Nessuno può essere dimenticato. Nessuno può essere accusato. Come continuare a vivere?
In queste domande senza risposta di Anna Politkovskaja, si concentrano le questioni che il libro di Andrea Tarabbia affronta con intensità: il male compiuto non si può cancellare, di chi è la colpa? Di chi è cresciuto solo facendo la guerra? Di chi non conosce altro che la violenza? Si può essere innocenti a Groznyj? Si può essere colpevoli a Beslan?
CHE COSA NE PENSO
Lettura molto impegnativa dal punto di vista emotivo. Sembra non ci sia limite al Male fatto e subito. Ti sembra di essere trascinata nell’abisso della Morte e del Male assoluto.
La storia è raccontata da tre diversi protagonisti della vicenda orribile della scuola di Beslan:
      Marat, l’unico terrorista sopravvissuto,
      Petja, un bambino morto nella strage,
      Ivan, un clochard che osserva tutto da fuori.
Petja e Ivan, però, esistono (forse) solo negli incubi di Marat, personificazioni dei suoi sensi di colpa. Da ragazzino ceceno a Groznj vive nella disperazione della persecuzione da parte dell’Impero, vittima di abusi, di violenze: come lui Shamil, Ruslan, le vedove cecene, la Cieca. Inevitabile è provare empatia.
Ma queste vittime diventano torturatori, assassini di donne e bambini: in una parola, demoni. E la nostra empatia diventa radicale rifiuto.
La vicenda non finisce a Beslan: dal carcere di massima sicurezza in cui è rinchiuso, Marat scrive la sua storia su fogli A4 che gli vengono passati sotto la porta e ci racconta la sua infanzia, la sua strage di Beslan, la sua prigionia in cui si combinano volontà autodistruttiva e ricerca di una redenzione che forse può giungere solo attraverso la scrittura-confessione.
PERCHÈ QUESTO LIBRO VA LETTO
Andrea Tarabbia costruisce un personaggio verisimile, con una notevole introspezione psicologica.
L’impianto narrativo è interessante: le vicende dei protagonisti si intersecano, i punti di vista si incrociano. Magistrali soprattutto le ultime pagine in cui anche nella sintassi dei periodi la fine della vicenda è narrata contemporaneamente da Marat, da Petja e da Ivan.
Il tema del terrorismo è di estrema attualità.
Il problema del bene e del male diventa anche il problema del Bene e del Male, nelle parole di padre Alan ma, soprattutto, nel rapporto fra Marat e il padre Aleksej, costruito in un intenso dialogo a tu per tu, ma soprattutto grazie alla scrittura.
Forse la letteratura non è in grado di dare le risposte: certamente, però, sa individuare le domande, sa farle emergere. Ed è già questo, oggi, un compito essenziale.

giovedì 16 giugno 2016

Pino Roveredo, Capriole in salita

PARTIAMO DAL TITOLO

Il significato del titolo di questo bellissimo libro autobiografico di Pino Roveredo è già chiaro dalla prima pagina: ci sono strade in discesa, ma la strada della vita di Roveredo è stata in salita. Ma che sia in discesa o in salita, ogni vita richiede le sue capriole: dare una svolta, cambiare direzione o anche solo semplicemente migliorarsi. Roveredo ha passato l’incubo dell’alcolismo, del carcere, del manicomio: la sua capriola è stata necessariamente in salita.

Quanta gente ho incontrato nei miei oplà in salita, persone che nella felicità del discendere mi sussurravano, gridavano, imploravano: “Non si fa così, non si può sfidare la corrente naturale della vita, guardaci e convinciti che noi siamo l’esempio, non vincerai mai nell’assurdo delle tue capriole in salita!”. 

Ma il riscatto è possibile.

Piantando le braccia nel terreno, con la speranza del tentativo ho lanciato il mio corpo nella capriola che si libera nell’aria con la felicità della giravolta che finisce sempre con il contatto soffice del suolo: per la prima volta mi sono rialzato senza dolore, con la voglia infinita di altre mille capriole. […]

Oggi se qualcuno mi dice che la vita si vive una volta sola, io posso raccontargli che no, che la vita, se ti aiutano a credere, la puoi far girare anche due volte, sì, anche due volte

FAR GIRARE LA VITA ANCHE DUE VOLTE

Oggi Pino Roveredo è una persona nuova: operatore di strada, scrittore e giornalista, fa parte di varie organizzazioni che operano in favore delle categorie disagiate. Perché il Pino trentaseienne distrutto dall’alcoolismo e prigioniero del suo passato, guardando negli occhi il suo terzogenito, ha deciso di cambiare, di fare quella capriola.  Ed ora il Pino sessantenne dedica ogni sua energia a ridare agli ultimi (i tossicodipendenti, i malati psichiatrici, i carcerati) la speranza che cambiare si deve, perché si può.

LE RECENSIONI CHE MI HANNO AIUTATO A CAPIRE QUESTO LIBRO

http://www.sololibri.net/Capriole-in-salita-Pino-Roveredo.html

http://www.lankelot.eu/letteratura/roveredo-pino-capriole-salita.html

Dal libro è stato trattato uno spettacolo teatrale:

http://www.cssudine.it/media/spettacoli/323_3024_documenti.pdf

LE COPERTINE

Capriole in salita, 1996

Capriole in salita, 2006

Una copertina illustrata in cui alto e basso, chiaro e scuro si confondono. Il pagliaccio sta facendo un’acrobazia in salita o sta ondeggiando verso il basso? Prevale il giallo/senape (la vita?) o il blu scuro (la disperazione?)? La vita è la ricerca di un equilibrio, difficilissimo da raggiungere. E non puoi risalire se prima non sei sceso in basso.

Anche nella copertina di Bompiani, c’è un evidente contrasto fra lo sfondo nero e la ballerina ritratta al centro della scena, mentre piega un ginocchio in un gesto di grande eleganza. Un omaggio a Luciana, la moglie di Pino, a cui il libro è dedicato (A Luciana e ai miei figli per aver dato fiato al mio salto)? Un richiamo alla bella copertina di Ballando con Cecilia? Un richiamo classico ad una musa danzante, che celebra  la forza rigeneratrice della poesia? 

 

 

 

mercoledì 15 giugno 2016

UNO SCRITTORE AL MESE: Pino Roveredo

PINO ROVEREDO

Lo scrittore delle rose

Il maggio scorso sul mio balcone sono nate le rose: fiori sulle spine, fiori dalle spine. Pino Roveredo è così: un uomo rinato che non ha voluto scordare il suo passato, ma ha avuto il coraggio di raccontarlo: il riscatto è possibile! Ne sono convinta anche io.

Nella sua scrittura, non si può non apprezzare la scontrosa grazia di uno scrittore triestino: i contrasti si accendono, le personificazioni dei sentimenti esternano quello che di solito sta dentro, le metafore spezzano l’armonia per frammentare il discorso narrativo, così come è la vita ad essere frammentata.

Chi è Pino Roveredo

Nato a Trieste nel 1954, figlio di un calzolaio sordomuto, Pino Roveredo ha vissuto infanzia e giovinezza al margine: alcoolista, è finito in carcere e in manicomio. Oggi è una persona nuova: operatore di strada, scrittore e giornalista, fa parte di varie organizzazioni che operano in favore delle categorie disagiate. Perché il Pino trentaseienne distrutto dall’alcoolismo e prigioniero del suo passato, guardando negli occhi il suo terzogenito, ha deciso di cambiare, di fare quella capriola di cui Pino stesso parla nel suo Capriole in salita.  Ed ora il Pino sessantenne dedica ogni sua energia a ridare agli ultimi (i tossicodipendenti, i malati psichiatrici, i carcerati) la speranza che cambiare si deve, perché si può.

Ti consiglio di leggere

 

 

 

 

 

Il primo libro di Pino Roveredo è un’autobiografia di una vita difficile, perduta e poi ritrovata, con una faticose, quasi impossibili Capriole in salita (1996)

 

Con Ballando con Cecilia (2000), Roveredo entra nell’Ospedale Psichiatrico di Trieste. L’io narrante è un giovane volontario, che entra nel ricovero per i malati pieno di ideali e di speranze. La sua vicenda è l’occasione per raccontare la vicenda dei ricoverati. E sempre più prende forma il personaggio di Cecilia, novantenne ricoverata da sessant’anni, a cui il giovane volontario racconta, nella danza, tutto quanto è cambiato dagli anni Quaranta ad oggi. Il ballo finale è un’occasione per far rinascere, anche solo per un attimo, giovani donne e uomini rinchiusi nei ricoverati.

 

Il libro più famoso di Roveredo è una raccolta di racconti, Mandami a dire (2004), con il quale l’autore ha vinto il Premio Campiello. Come dice la mia amica Stefania, un libro struggente. Da leggere e rileggere il racconto 100! 120! 140!: non si può non piangere. Ho amato moltissimo anche L’uomo dei coperchi: l’amore operaio per il proprio lavoro, la dedizione e la ricerca del senso della vita nei piccoli gesti quotidiani.

 

Attenti alle rose (2009)! È un monito per gli uomini: le donne sono rose, vanno curate altrimenti rischiano di appassire. Sergio, abbandonato dalla moglie, scopre intorno a sé donne straordinarie di cui mai si era accorto. Riflettendo sulla loro forza, la loro bellezza, la loro fragilità, pian piano matura nella propria consapevolezza ed ora è davvero pronto per amare 

 

 

 

 

Bellissimo il ritratto del padre in Mio padre votava Berlinguer (2012): pieno di rimpianti per quanto non detto, di stima per un uomo che è stato coerente con le sue idee, di amore di un figlio (non modello) per un padre (amato e odiato in vita, ripensato con nostalgia ora che è morto).

Leggerò

·                     Una risata piena di finestre, LINT, Trieste, 1997

·                     La città dei cancelli, LINT, Trieste, 1998

·                     La bela vita, LINT, Trieste, 1998

·                     Cara Trieste, Il Piccolo, Trieste, 2004

·                     Mandami a dire, Bompiani, Trieste, 2005

·                     Andar per fodere/Un giro tra le pieghe di Trieste, Trieste, 2006

·                     Caracreatura, Bompiani, Milano, 2007

·                     La melodia del corvo, Bompiani, Milano, 2010

·                     Mastica e sputa, Bompiani, Milano, 2016

 

lunedì 13 giugno 2016

Zerocalcare, Dimentica il mio nome

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PRIMA DI LEGGERE
Non conosco il mondo dei fumetti e confesso di aver sempre guardato ai baloons con una certa superficialità. La lettura di Maus di Art Spiegelman, a gennaio, poi di Kobane calling di Zerocalcare mi ha fatto cambiare idea. Mi sono messa a leggere in modo più libero Dimentica il mio nome: mi è piaciuto moltissimo
IL FUMETTO
Una situazione normale: la cara nonna muore, c’è un lutto da elaborare per il giovane fumettista Zerocalcare. La ricerca di un anello che la nonna  vuole portare con sé nella tomba segna l’inizio dell’avventurosa scoperta del passato della famiglia.
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Ma, sotto il gioco del thriller, si nasconde qualcosa d’altro: un giovane che diventa un uomo deve affrontare e superare paure infantili, mostri terribili. Le sue certezze di un tempo perdono la loro solidità: la madre rivela nuove sfaccettature (insieme ad un’altra identità), l’orsacchiotto Pisolone diventa una grizzly che vorrebbe impedire al ragazzo di diventare uomo.
La profezia della nonna, però, si compie: non morirà fino a quando il nipote non diventerà un uomo. È la lotta con Pisolone-grizzly, a cui Zerocalcare non si sottrare, il rito iniziatico atteso dalle prime tavole del fumetto.
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LE COPERTINE
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Straordinaria copertina: la nonna ancora bambina fugge insieme a nipote Zerocalcare dai mostri dell’infanzia che incombono sulla strana coppia.
Copertina più didascalica: i personaggi della vicenda ci guardano proiettati su un cielo azzurro. Gli sguardi sono inquietanti, ma troppo sottintesa resta la paura, nonché il tema del passaggio dall’infanzia all’età adulta, fondamentale nel fumetto.




domenica 12 giugno 2016

Sebastiano Vassalli, La notte della cometa

Il libro        Che cosa ne penso       Che cosa ne pensano i miei alunni        Le copertine

IL LIBRO

La notte della Cometa è un doppio romanzo: è il racconto della vita tormentata del poeta-pazzo (?) Dino Campana ma è anche il racconto della quasi ventennale ricerca di Sebastiano Vassalli, che ha raccolto documenti, testimonianze, prove per ricostruire la vicenda del poeta marradese.

Del poeta egli racconta l’infanzia difficile per il rifiuto della madre, per le incomprensioni del padre, per le stranezze di un carattere inquieto e con tendenze al vagabondaggio. Dino è un diverso, lo scemo di Marradi: per questo finisce nel manicomio di Imola, da cui lo salva l’intervento pietoso del padre. Vassalli lascia intendere che è la sifilide che pian piano porta il poeta alla pazzia, quella vera, quella che lo obbliga al ricovero a Castelpulci per trovare un po’ di serenità, quella che incide gravemente su ogni sua relazione (e nelle ultime pagine Vassalli presenta la storia d’amore e botte fra il poeta e Sibilla Aleramo). Ma certamente sulla sua salute mentale pesa anche la vicenda surreale del manoscritto dei Canti Orfici smarrito da Soffici e Papini, simbolo del rifiuto da parte del mondo intellettuale di Campana (l’uomo dei boschi) e della sua poesia.

Le prime e le ultime pagine del romanzo contengono le riflessioni di Vassalli sul tragico destino del poeta. Campana è stato un poeta, una persona morale superiore, e per lo più un poeta primitivo: come la cometa di Halley passa solo una volta ogni 76 anni, così in un lungo lasso di tempo nasce solo un poeta. Ma la società non è ancora pronta a capire questi uomini superiori e per questo non può che ucciderli sui roghi, metterli nei manicomi, costringerli al suicidio o all’isolamento.  Ecco, dunque, l’inevitabile fine di Campana, ma anche quella di Gesù Cristo, Giovanna d’Arco, Francois Villon, Tommaso Campanella, Friedrich Nietzsche, Giacomo Leopardi.

CHE COSA NE PENSO

Lettura molto interessante sia per la vita stessa di Campana sia per il modo in cui è narrata: brevissimi capitoli, quasi dei flash che vogliono dare luce ai singoli momenti. Sebbene non condivida questa lettura troppo eroica del ruolo del poeta né il giudizio sferzante su una società sempre sorda e oscurantista, ho comunque apprezzato le riflessioni di Vassalli: cercano di indagare il significato e il posto della poesia nel mondo di oggi.

CHE COSA NE PENSANO I MIEI ALUNNI

Ho assegnato la lettura del libro nel mese di maggio alle mie classi terze del liceo linguistico.

In generale non hanno apprezzato la lettura di questo libro, troppo frammentario e di un genere (quello biografico) che i ragazzi non amano molto. Qualcuno è stato, comunque, colpito dalla vicenda di Campana.

LE COPERTINE

http://www.maru.firenze.sbn.it/CantiOrfici100/img/V8_10.png

http://www.mondadoristore.it/img/La-notte-della-cometa-Sebastiano-Vassalli/ea978880620509/BL/BL/01/NZO/?tit=La+notte+della+cometa&aut=Sebastiano+Vassalli

La notte della Cometa

(prima edizione 1984)

La notte della Cometa

(edizione del 2010)

con il racconto Natale a Marradi

L’editore sceglie un famoso quadro di Van Gogh, Notte stellata sul Rodano (1888).

È chiara l’allusione al titolo del romanzo ed alla metafora della cometa: è la stella cometa della notte di Natale del 1916 (uno dei pochi momenti felici della relazione fra Sibilla e Dino), ma è anche la cometa di Halley che passa nel cielo solo una volta ogni secolo, così come nel mondo nasce un solo vero poeta ogni secolo.

La vicenda di Van Gogh, inoltre, rappresenta lo stesso intreccio di genio e follia della vita di Dino Campana.

Per la copertina della nuova edizione, Einaudi cambia completamente immagine. Nel riquadro in basso inserisce il quadro di Giovanni Segantini, Le cattive madri (1894). Una donna attorcigliata ai rami di un albero, soffocata dai rovi; da un ramo secco spunta un bambino che cerca di succhiare latte dal suo seno destro. Lei acconsente? Il suo corpo si contorce, rifiuta il bambino. Come la madre di Dino, che, completamente concentrata sul secondogenito Manlio, rifiuta il piccolo Dino, abbandonandolo a se stesso ed alle sue stranezze.

 

 

 

 

sabato 11 giugno 2016

Marco Balzano, Il figlio del figlio (2010, 2016)

Sellerio pubblica questo piccolo capolavoro di Marco Balzano, Il figlio del figlio, già edito da Avagliano editore nel 2010.

copertine a confronto

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La copertina di Avagliano presenta un'immagine ricorrente nei romanzi di Balzano, un ricordo autobiografico dell'autore il nonno che porta in bicicletta il nipote, lo conduce metaforicamente per le polverose strade della Puglia in Il figlio del figlio, realmente per la periferia milanese in L'ultimo arrivato. Il nonno procede sicuro nel suo viaggio nel passato e porta con sè il nipote alla ricerca della propria identità e di radici perdute. I due sono sulla strada, insieme, sono complici (ed escludono la generazione intermedia, il figlio di uno, il padre dell'altro). C'è una strada già tracciata, illuminata da uno squarcio di cielo: è la speranza di tagliare con il passato per poter costruire un futuro. Ne L'ultimo arrivato, Nino, ormai anziano, porta il nipotino a vedere l'alveare per ritrovare una speranza nel suo stesso futuro, una stella cadente che passa nell'ultima pagina del libro.

La copertina di Sellerio, invece, mette al centro la casa che nonno, padre e figlio vanno a vendere a Barletta: è una casa in rovina, ormai non più abitabile, la casa in cui il nonno è vissuto, il padre è nato, il figlio è tornato per le vacanze. La casa che ora deve essere venduta. Radici da scoprire, da scordare, con cui rappacificarsi: una casa è pur sempre una casa, anche quando cade a pezzi, anche quando fa troppo male sentirsi come estranei.

La strada, la casa: due immagini per un bellissimo romanzo.

 

Marco Balzano

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L’ultimo arrivato – Marco Balzano
Il figlio del figlio
(2010)
Pronti a tutte le partenze (2013)
L’ultimo arrivato
(2014)
HO INCONTRATO 
Ho incontrato Marco Balzano nel mese di marzo 2016.
Marco Balzano (vincitore del premio Campiello 2015 con L’ultimo arrivato) è un giovane insegnante del Liceo di Rho, una persona semplice e capace di comunicare con immediatezza pensieri profondi ad una platea di adolescenti. Certo, portava con sé il fascino dello scrittore e del suo bellissimo libro che i ragazzi avevano letto. Ci ha parlato di emigrazione, diversità, accoglienza, angosce, vite sognate, vite spese, vite bruciate, stelle che cadono, Pascoli, il valore della poesia e della scrittura e tante altre cose.
CHI È MARCO BALZANO
Nasce nel 1978 a Milano. Ha pubblicato saggi e raccolte di poesie, poi tre romanzi straordinari Il figlio del figlio (2010), Pronti a tutte le partenze (2013) e L’ultimo arrivato (2014)